L’Abilitazione Scientifica Nazionale viene regolata ai sensi dell’articolo 16, comma 3, lettere a), b) e c) della legge 30 dicembre 2010, n. 240 e s.m.i. e degli articoli 4 e 6, commi 4 e 5, del dPR di revisione del regolamento di cui al decreto 7 giugno 2012, n. 76. L’Abilitazione Scientifica Nazionale stabilisce una nuova normativa riguardante le modalità di reclutamento del personale docente nonché le modalità di accertamento sulla qualificazione dei commissari.
L’introduzione di questa nuova modalità di reclutamento nell’Abilitazione Scientifica Nazionale 2015 ha consentito una valutazione basata sul raggiungimento del requisito dell’abilitazione scientifica svolta da commissioni nazionali e attesta la qualificazione scientifica dei candidati per l’accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori universitari.
L’Abilitazione Scientifica Nazionale 2015 ha stabilito i ruoli di Professore di prima e seconda fascia nelle Università italiane degli anni successivi.
Abilitazione Scientifica Nazionale 2015: Identikit del docente ideale
Identikit del docente perfetto: a chi pensate? Nell’immaginario italico ci sono tre punti di riferimento fondamentali:
- la maestrina dalla penna rossa del libro Cuore,
- il professor John Keating (Robin Williams) de “L’attimo fuggente”
- Edwige Fenech insegnante della classe di Pierino.
Da molti anni la figura del professore è decisamente in declino e non abbiamo più esempi forti di insegnanti. Alcuni giovani escono dall’università poco preparati: sia nelle competenze tecniche specifiche che in quelle trasversali e deboli pure nella motivazione al lavoro
Terminata l’università e prima di entrare nel mondo del lavoro, resta a questi giovani un’ultima carta: il Master. Master che molto spesso non è la ciliegina sulla torta di un percorso formativo di qualità che ha già dato i suoi frutti. Il Master diventa per loro un talismano magico che permette di risolvere tutti i problemi, di colmare tutte le lacune (deve farlo, perché è l’ultima carta da giocare!).
In questo contesto i docenti che insegnano nei master devono possedere tutte le caratteristiche migliori dei 3 mitici docenti:
- la passione per l’insegnamento e per i ragazzi, la pazienza e la tenacia della maestrina dalla penna rossa,
- la padronanza dei contenuti e dei modi migliori per trasmetterli di Robin Williams,
- il carisma e l’esperienza maturata sul campo di Edwige Fenech.
Per quanto incredibile, esistono persone di questo tipo e insegnano nei migliori master italiani. Questi “eroi mitologici” in carne ed ossa lottano ogni giorno nelle aule per compiere la loro “mission impossible”: trasformare i giovani in professionisti preparati e motivati.
Abilitazione Scientifica Nazionale 2015: La riforma Gelmini
Cominciamo con il dire che la grande maggioranza delle business school private ha già da anni un articolato sistema di valutazione dei docenti da parte degli studenti. L’obiettivo (oltre che tenere sulla corda i docenti spronandoli a dare sempre il massimo) è quello di migliorare progressivamente il corpo docente e l’offerta didattica complessiva. Il sistema funziona molto bene quando è organizzato in maniera professionale e articolata e prevede momenti di confronto tra rappresentanti della scuola, docenti e studenti (necessari per interpretare nel modo più corretto i giudizi espressi nei questionari di customer satisfaction compilati dagli studenti). Il sistema ipotizzato dalla riforma Gelmini quindi funziona molto bene in strutture medio-piccole, oppure in strutture anche grandi ma che dedicano molte persone alla gestione di questo servizio.
Sistema centralizzato
Se invece i questionari con i giudizi degli studenti arrivano – magari on line – direttamente al ministero della Gelmini (non possono riceverli dalle università, perché queste potrebbero correggere i questionari), la valutazione che ne verrebbe fatta sarebbe meramente quantitativa: una sorta di pagella del fantacalcio che determinerebbe il futuro dei professori e delle università.
Un sistema del genere potrebbe funzionare a patto che:
- i questionari di valutazione fossero pensati da super esperti in grado di tenere conto delle innumerevoli differenze esistenti tra università, facoltà e indirizzi di studio
- l’algoritmo di ponderazione impostato per il sistema di valutazione sia molto “intelligente” ed adattabile
- gli studenti dedichino il giusto tempo e cura alla compilazione dei questionari
- i questionari vengano effettivamente processati dal sistema in tempi rapidi
C’è poi un altro punto sollevato dalla riforma Gelmini, punto filosofico ma con pesanti ricadute pratiche: è utile che lo studente giudichi il professore?
Sicuramente il giudizio degli studenti può aiutare il professore a tarare al meglio i suoi interventi formativi in quella specifica classe. Ma se la carriera del professore e il futuro dell’università dipendono significativamente dai giudizi degli studenti non potremmo avere degli effetti indesiderati?
In teoria valutare i docenti ha come obiettivo migliorare la didattica, al fine di ottenere giovani più preparati. Mi aspetto che le università migliori “producano” laureati che performano meglio nei test internazionali, sviluppano progetti di ricerca apprezzati, trovino più facilmente lavoro.
Proviamo ad immaginare un possibile scenario, nel caso divenisse operativa la valutazione quantitativa prevista dalla riforma Gelmini.
- Ateneo A: docenti severi, esami difficili, alto tasso di bocciature: mediamente gli studenti si laureano fuori corso e con voti medi
- Ateneo B: docenti comprensivi, esami facili, basso tasso di bocciature: mediamente gli studenti si laureano in corso e con voti alti.
- Il Governo premierà l’Ateneo B e farà chiudere l’Ateneo A, perché l’ateneo B:
- prepara studenti migliori (si laureano prima e con voti maggiori)
- riceve dagli studenti giudizi migliori (perché sono più soddisfatti)
Evviva, finalmente anche in Italia si premia il merito. Peccato che la riforma Gelmini ottenga il risultato opposto. Ed è facile capire il perché. Gli studenti dell’ateneo A escono in realtà molto più preparati e capaci degli studenti dell’ateneo B, perché hanno dovuto studiare di più e sostenere prove più dure. Il sistema di valutazione previsto dalla riforma Gelmini rischia di far chiudere gli atenei migliori e premiare gli altri.